In montagna si può ridere, correre, parlare con gli amici; si può ascoltare la musica dei Pink Floyd e di Albinoni, fischiettare la Carmen; in montagna si può fare all’amore, si può essere tristi, e anche pensare.
In montagna si può mangiare la polenta con il latte, organizzare una partita di calcio tra valligiani e cittadini, dormire senza pensieri, si può scrivere alla ragazza.
In montagna si può ascoltare il silenzio, passare il Capodanno in una baita con tanti amici, si possono raccogliere minerali, e gettare sassi in un ruscello.
In montagna si può prendere il sole sdraiati su di una cima, leggere un romanzo di Buzzati o un giallo di Le Carrè, si possono fotografare le nuvole o gli stambecchi.
In montagna si può giocare a briscola, raccogliere erbe medicinali; si può arrampicare e sciare, percorrere nuovi sentieri, costruire un tavolo di legno.
In montagna, dunque, si possono fare tutte le cose che si fanno in città e se ne possono fare anche molte altre, più divertenti.
Molti invece in montagna ci vanno per arrabbiarsi, per litigare, per bestemmiare, per non guardare in faccia i vecchi amici, per dormire preoccupati la notte, per soffrire, per rischiare.
In montagna si può fare quello che si vuole.
Carlo Possa
“Lo Scarpone”, 1976
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